Anoressia e bulimia sono mali invisibili da affrontare con estrema delicatezza, considerando le tutte le emozioni in gioco di chi ne soffre. Francesco Comelli, medico psichiatra e psicanalista, suggerisce come imparare a essere di vero supporto a una persona cara, che si tratti di vostro figlio o meno
di Chiara Monateri
I disturbi alimentari sono un male invisibile che parte in primo luogo dalla psiche e dai luoghi reconditi della mente e delle emozioni: possono durare per anni, anche per una vita intera, e affliggere sia adolescenti che adulti di entrambi i sessi. Spesso, di fronte alla disperazione di vedere una persona vicina soffrirne, si cade in balìa dei comportamenti più sbagliati, diventando aggressivi, dogmatici e isolando sempre di più chi invece si vorrebbe solo aiutare. Francesco Comelli, medico psichiatra e psicanalista, scrittore e docente che tratta da vicino questo tipo di situazioni, ci ha raccontato come comportarci nel modo più corretto per essere di vero supporto a chi si trova alle prese con i disturbi alimentari.
1) Non scambiate il disturbo alimentare per una malattia “qualsiasi”
«Quando si parla di disturbo alimentare la prima cosa da fare è capire che non si tratta di una malattia tout court ma di un problema esistenziale, un trauma, una questione da comprendere. E per prima cosa bisogna anche essere consapevoli che non è facile stare vicino a chi ne soffre: spesso il disturbo è la manifestazione di un disagio, e appena ne si comprendono il senso e le motivazioni, tutto diventa più chiaro».
2) Non fatevi trasportare dall’abitudine alimentare
«Alcuni fraintendono il curare chi ad esempio soffre di anoressia con il “farlo mangiare”: al contrario non bisogna impuntarsi su quanto questa persona mangia, ma su come questa persona sta vivendo e su quali sono i suoi sentimenti. È sempre meglio quindi approcciarsi sempre prima psicologicamente e solo a seguire a livello di alimentazione».
3) Non pensate che il disturbo si limiti solo a ciò che si vede
«Il disturbo alimentare non corrisponde in modo direttamente proporzionale alle apparenze: una persona ad esempio che soffre di bulimia può sembrare normopeso, ma soffrire moltissimo e avere i più svariati disturbi fisici legati alle proprie abitudini. Quindi ricordatevi che il disturbo non è solo quello che si vede, ma qualcosa di molto più profondo che va ben al di là del palesato».
4) Resistete alla rabbia
«Punto altamente critico, soprattutto per i genitori di ragazzi che ne soffrono o dei partner di coloro che non riescono ad uscirne o che fingono di stare bene. Perdere la pazienza ed arrabbiarsi è un istinto naturale, anche derivante dalla preoccupazione che si ha nei confronti di chi amiamo, ma bisogna evitarlo: contate fino a 10 e sopprimete l’istinto, perché una delle emozioni più al centro dei disturbi alimentari è proprio la rabbia, che quindi va evitata».
5) Non improvvisatevi dottori
«Non impuntatevi su fattori come il peso ideale: a deciderlo sarà un dottore. Affidatevi inoltre a degli specialisti che comprendono il problema e sanno come curarlo: il che significa che ad esempio è molto meglio il monitoraggio del ricovero. Alcuni pensano che per curare i disturbi alimentari bastino risoluzioni forzate come mandare al più presto l’interessato in un posto dove “lo fanno mangiare”, mentre azioni del genere potrebbero aggravare la situazione in quanto il ricominciare ad alimentarsi in maniera corretta è un processo graduale e scelto dal paziente». Sul tema delle cure in Italia ai Disturbi Alimentari, Repubblica.it ha realizzato un’inchiesta interattiva che mostra le differenze di strutture nel nostro Paese e raccoglie le voci di pazienti e famiglie.
6) Non incolpate
«Non minacciate e non infantilizzate: non trattate questa persona come qualcuno da disprezzare e con delle gravi dipendenze, perché questo rafforza la sua distanza. Non accudite in modo ossessivo, ma state dove siete, senza allontanarvi e dimostrando che ci siete. I disturbi alimentari riguardano dei grovigli di emozioni che non sono stati sciolti, quindi a volte si può semplicemente stare vicino a chi non sta bene, aspettando insieme che passi il dolore».
7) Sospendete il giudizio
«Dovete essere empatici ed ascoltare lasciando da parte conoscenze improvvisate e ogni tipo di aggressività. Se possibile, coinvolgete tutta la famiglia (ovviamente solo se composta di figure sane) dell’interessato, perché probabilmente alcuni di loro, come i genitori ad esempio di chi sta male, hanno bisogno di essere seguiti ancora di più, così da poter “sciogliere” le difficoltà familiari da ogni prospettiva».
8) Se siete coinvolti, non voltate le spalle
«Se siete i genitori di adolescenti con un disturbo alimentare, potreste esserne coinvolti. Affidatevi nel caso ad un’équipe magari dello stesso team del dottore che ha in cura i vostri figli, preferibilmente non allo stesso medico. Imparate a dare una spiegazione ai vostri figli della vostra parte emotiva e al tempo stesso rivivetela, per capire come questa ha pesato su chi soffre. Questo è allo scopo di trovare una distanza giusta dai vostri figli: né una troppo vicina e malata e nemmeno una troppo indifferente e lontana».
9) Non spaventatevi davanti ai “no”
«Soprattutto nei casi di adulti con disturbi alimentari non dovete farvi spaventare dai loro tentativi di allontanarvi in preda alla rabbia. Ricordate che ci sono dei begli aspetti di queste persone che da qualche parte stanno soffrendo. Spesso questi sono spaventati dall’assenza dell’amore: imparate a stare loro vicini con moderazione, sempre col criterio della giusta distanza e ricordate loro che l’amore c’è, condividendo e parlando delle vostre emozioni».
10) Curate con la cultura
«Chi soffre può trattarvi male e cercare di demolirvi perché dentro di loro c’è un grande dolore. Ricordatevi che questo è un sintomo di questi disturbi e che dovete aiutare queste persone a trovare un’alternativa emotiva alla loro solitudine. Quindi è ottimo per i ragazzi trovare qualcuno che li segua e li aiuti ad esprimersi, e sia per loro sia per gli adulti favorite la cura attraverso la cultura: ad esempio scrivere e fare artigianato sono efficacissimi per trovare nuovi linguaggi ed anche il teatro può aiutare ad esprimersi. Fare qualcosa di nuovo che stimola l’espressione delle emozioni e fa comunità è a dir poco vitale in queste situazioni».
Fonte: D.it