Ci sono silenzi che benedico, sono i silenzi tra persone che si conoscono profondamente che si stimano e che attraverso la sola presenza si completano.
Spesso questi silenzi li ho condivisi con amici stretti o con la mia donna.
Ma ci sono silenzi che devastano, silenzi che “cancellano”, bruciano, uccidono. Sono i silenzi della non partecipazione, della dissociazione. Ecco i silenzi che mi hanno devastato per tutta la vita.
Il silenzio soprattutto di mio padre. Uomo eccezionale per alcuni versi, ma reo di vivere in silenzio. Nella non partecipazione.
Mai ha visto un mio concerto, una mostra, persino il mio giuramento militare.
Mai vedendo un quadro ha espresso qualcosa, mai ascoltando la mia musica a casa ha espresso una sua opinione. Eppure ama la musica.
Non c’é, semplicemente manca.
Molti di voi hanno giá perso i genitori e vorrebbero anche solo per un minuto riaverli accanto per dirsi qualcosa, anche la piú stupida. I miei sono vivi, e ringrazio il cielo. L’amore c’é, ma non c’é partecipazione.
Non mi conoscono, non sanno chi sono, cosa spero, cosa desidero.
Non è facile prendere l’iniziativa e cominciare a comunicare, non ho avuto questo imprinting. Mai ho detto “papá ho paura”, “sono felice”, “sono innamorato”.
Una volta sola, quando mi separai dalla mia compagna, avevo ventisette anni, in preda alla disperazione abbracciai mia madre piangendo. Percepii una sorta d’imbarazzo, di preoccupazione ma non di partecipazione. Fu un abbraccio negato.
Vi chiederete come fa un uomo a cinquantanni a sentire ancora il bisogno di determinate cose. Vi dico che chi ha sofferto la fame la patirá per sempre e per sempre avrà terrore di non avere cibo. Così è la partecipazione. La presenza e l’amore sono due cose diverse.
È attraverso la presenza che un uomo diventa tale, affidabile, stabile, solido. Forse per questo non sono padre, marito, amico. Mi limito solo a produrre arte come umile gesto di partecipazione verso gli altri.
Manlio N.